Il sintomo nevrotico per la psiconalisi

di Elda Perelli

Il sintomo è la porta di accesso alla psicoanalisi. La psicoanalisi ha come scopo e limite quello di trattare il sintomo attraverso le parole. Il sintomo, in quanto reale, è ciò che morde nella carne e nello spirito.  Non c’è stato certo bisogno della psicoanalisi per sapere che le parole hanno un peso sul reale: la religione, la magia e, ultima arrivata, la scienza provano di saper incidere sul reale con parole, pratiche, riti e formule. La medicina, in particolare, sa da sempre che si può curare attraverso la parola. 

A differenza però del sintomo medico, quello analitico è un sintomo “parlante” perché, di per sé, non si indirizza al medico, ma al soggetto stesso in cui si manifesta: ed effettivamente, prima ancora di rivolgersi ad uno psicoanalista, di solito il soggetto si costruisce una pre-interpretazione di questo sintomo, tant’è che esso gli “fa segno”. Qualcosa non va e questo qualcosa concerne il soggetto. Il sintomo di cui soffre il nevrotico “fa segno” al soggetto di un senso oscuro, alla stregua di un messaggio dal significato sconosciuto. In tal modo il sintomo, come del resto le altre formazioni dell’inconscio, quali sogni, lapsus, atti mancati e motti di spirito, attesta dell’inconscio in quanto “strutturato come un linguaggio”: anche se, a rigore, il sintomo differisce dalle altre formazioni dell’inconscio quanto alla sua temporalità, poiché, ha la caratteristica di ripetersi. 

La qualità del sintomo, dell’essere “strutturato come un linguaggio”, è quella di esprimersi attraverso la stessa struttura significante del linguaggio: la metafora. La metafora è l’operazione di sostituzione di un significante o rappresentazione con un altro significante o rappresentazione. L’effetto di questa operazione di sostituzione è la produzione di un senso nuovo, diverso da quello abituale ed è per questo che il sintomo in psicoanalisi non ha lo stesso statuto del sintomo nella scienza. Questo è l’aspetto formale del sintomo sul quale la parola interviene, cura, disfacendone la costruzione. 

Vi è poi un aspetto più insidioso che sorge spesso proprio quando l’analisi è giunta a quello che chiameremmo il nocciolo del soggetto. Questo nucleo del sintomo si presenta come ostacolo sotto la forma della ripetizione. Si tratta di un resto che è fondamentalmente refrattario a lasciarsi simbolizzare. Lacan chiama “godimento” la causa di questa ripetizione pulsionale. Questo godimento, più affine alla sofferenza che al piacere, si presenta generalmente sotto forma di dispiacere, di cui però il soggetto non riesce a fare a meno. Solo al termine di una analisi, spinta fino alla sua fine logica, il soggetto potrà ritrovarsi attorno a questo resto di godimento senza più il dispiacere che di solito lo accompagna.

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