I disturbi dell'umore

di Anna Rosa Amati

Il sentimento di gioia, così come la tristezza sono parte integrante della condizione umana. Una linea di demarcazione netta tra umore normale e stato patologico non esiste, in quanto il tono affettivo investe tutta la vita psichica, modificandosi nello stesso soggetto in base alle situazioni esistenziali di volta in volta vissute. 

I disturbi dell’umore possono manifestarsi lungo un continuum che può andare dall’estremo della tristezza,  senso di vuoto, scoppi di pianto, perdita d’interesse per le attività quotidiane, insonnia o ipersonnia, mancanza d’energia, isolamento sociale, pensieri di morte, fino all’estremo opposto rappresentato da sentimento di grandiosità e onnipotenza, insensibilità alla stanchezza, fuga delle idee, eccessivo coinvolgimento in attività che possono avere conseguenze dannose (eccessi nel comprare, nel comportamento sessuale, ecc.). Quando le variazioni del tono dell’umore e la sua instabilità influenzano l’esistenza del soggetto in ogni sua componente,  influiscono sulla modalità di pensiero, sulle relazioni con gli altri e  diventano persistenti   sul versante della depressione o al contrario, su quello dell’esaltazione, si configura uno stato di malessere definito disturbo dell’umore.

La clinica psichiatrica, sotto tale denominatore comune, riunisce diversi quadri clinici che vanno dalla depressione alla mania, dal disturbo bipolare (alternanza di uno stato depressivo e di uno maniacale) alla ciclotimia, con una variabilità di manifestazioni cliniche intermedie i cui effetti, sia sul versante depressivo che maniacale, risultano meno eclatanti, come nella distimia e nell’episodio ipomaniacale.

Il trattamento  dei disturbi dell’umore attualmente  prevede l’intervento farmacologico, stabilizzatore del tono dell’umore, a volte abbinato ad una psicoterapia breve (cognitivo-comportamentale) con lo scopo di avere una remissione dei sintomi ed una modifica dei pensieri e convinzioni  negative del paziente  considerati come responsabili  nell’esordio e nel mantenimento dei disturbi dell’umore.

Come si pone di fronte ai disturbi dell’umore la psicoanalisi in quanto clinica centrata sul soggetto?

La psicoanalisi rispetto alla psicologia moderna  inquadra diversamente l’instaurarsi e il trattamento dei disturbi dell’umore. Pone innanzitutto al centro del suo interesse l’unicità e la singolarità dell’individuo e quindi la particolare modalità di rapportarsi con gli eventi della realtà, eventi di vita  che possono divenire un crocevia fondamentale per aprire la porta al sintomo sia sul versante della perdita che su quello della riparazione maniacale.

L’ascolto della sofferenza, il supporto di un contenimento di parola intervengono lì dove il rapporto con la propria realtà psichica diviene intollerabile.

La clinica freudiana ci insegna che il soggetto reagisce alla perdita, reale o immaginaria, con il lutto che ha i suoi tempi di elaborazione. Là dove l’investimento libidico verso se stesso e il mondo circostante  fallisce, oppure oltrepassa i limiti della conseguente ricostituzione della rete di affetti, la difficoltà del soggetto di autoregolarsi nel suo rapporto con il piacere e con la soddisfazione, per eccesso o mancanza, può trovare adeguato trattamento e possibilità di liberazione in un luogo di parola, orientato dall’etica della psicoanalisi, anziché in quello dell’atto che può sfociare sia in direzione depressiva che in direzione maniacale.

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